Storia del Barolo
Tra i rossi italiani più famosi nel mondo, il vino Barolo ha una storia davvero ricca di fascino, ma di quale regione è originario il vino Barolo? Questo iconico vino è piemontese e deve infatti il suo successo a svariate figure storiche, tra cui il conte Cavour e Juliette Colbert di Maulévrier, donna di grande cultura coniugata al Marchese Falletti di Barolo. Il primo, Camillo Benso conte di Cavour, ebbe un ruolo centrale nel successo di questo vino: diventato, molto giovane sindaco di Grinzane chiamò l’enologo Luois Oudart alla guida dei vigneti di famiglia. Grazie a lui nacque il primo Barolo di stile moderno, imbottigliato nel 1844. La Marchesa Giulia Faletti di Barolo oltre a essere stata una donna ricordata per le opere di beneficenza, si spese sin dal 1845 con tenacia per rendere famoso il Barolo alla corte. Fu lei a regalare a Carlo Alberto svariate carrà di Barolo, uno per ogni giorno dell’anno, eccetto il periodo quaresimale. Il re se ne innamorò al punto da selezionare in seguito i migliori cloni di Nebbiolo, piantati nelle proprietà di Verduno e Pollenzo. Fu quindi affidato al generale Staglieno, enologo ammiratore della Francia, la cura dei vigneti e la produzione del Barolo vino rosso nei vari possedimenti reali.
Come abbinare il Barolo
Il Barolo è un vino estremamente complesso, quindi per una degustazione ci troviamo di fronte una domanda: Cosa abbinare al Barolo? Questo vino richiede piatti altrettanto importanti, ottimo con la selvaggina, sia da pelo che da piuma, è compagno ideale di lunghe preparazioni. Qualche suggerimento? Un intenso cervo brasato con composta di mirtilli, un capriolo stufato, delle quaglie ripiene, il bollito misto piemontese o un trionfo di faraona al forno. C’è tuttavia un piatto regionale, che li batte tutti per tipicità, e che andrebbe provato almeno una volta nella vita: il sontuoso brasato al Barolo. In questo piatto prezioso il vino diventa protagonista della marinatura della carne, che di norma deve durare almeno otto, dieci ore, con l’aggiunta di spezie, erbe e verdure. Il Barolo può essere abbinato anche ai formaggi stagionati, come il Castelmagno, o con le preparazioni a base di tartufo bianco d’Alba. Gli appassionati del Barolo Chinato, infine, possono gustare questo vino dolce aromatizzato con i dessert, in particolare quelli a base di cioccolato fondente.
Dove si produce il Barolo
Il “re dei vini e il vino dei re”, il Barolo è prodotto da nebbiolo in purezza nei comuni di Barolo, La Morra, Monforte d’Alba, Castioglione Falletto, Serralunga d’Alba, Roddi, Verduno, Cherasco, Diano d’Alba, Novello e Grinzane Cavour, in provincia di Cuneo. Da disciplinare il Barolo DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) richiede un affinamento di almeno 38 mesi, di cui 18 in legno, botte grande o piccola. Un vino dalla grandissima potenzialità di invecchiamento, che si veste di granato e che col tempo vira verso nuance aranciate, naso intenso di fiori e frutti rossi, note vanigliate e terziarie, bocca piena e tannico eccezionale. La serbevolezza del Barolo si misura in anni, a volte decenni, per un vino che sa evolvere con eleganza e grazia. Queste straordinarie caratteristiche sono dovute in buona parte ai suoli su cui viene coltivato il Nebbiolo, la maggior parte tortoniano. Questo terreno è caratterizzato dall’alternanza di marne e sabbie stratificate, molto vocate alla coltivazione della vite.
Caratteristiche del Barolo
Il Nebbiolo, il cui nome probabilmente deriva da nebbia, evento atmosferico che non manca nelle Langhe, ma che forse si riferisce all’abbondante pruina che avvolge l’acino, è il vitigno principe del Piemonte. Di origine medievale, già citato nel 1272 dal re d’Inghilterra che lo ricevette in dono, diventa quello che conosciamo oggi grazie a Carlo Alberto e alla sua tenuta di Pollenzo, da cui partiranno i primi studi. I cloni più utilizzati per il Barolo sono i Nebbiolo Lampia, Michet e Rosé. Con questo vitigno si produce anche il Barbaresco, oltre a moltissime denominazioni piemontesi come il Gattinara, il Ghemme, il Boca, Bramaterra, il Lessona ecc. Ogni zona ha biotipi o nomi diversi: in Val d’Ossola è il Prunet, Spanna nel Novarese, Pignolo per il Barbaresco. In Valle d’Aosta è presente un altro biotipo il Picotendro (o Picotènder) presente anche nell’alto Canavese, mentre in Valtellina, Lombardia viene usato il Chiavennasca.