La storia del Verdicchio
Come molte altre storie di importanti vitigni d’Italia, anche la storia del Verdicchio è misteriosa e travagliata. Nonostante sia diffuso anche in Abruzzo, Umbria Umbria e Toscana, il passato e il presente del Verdicchio sono legati alla regione marchigiana più di ogni altra cosa. Due sono le ipotesi più accreditate. La prima, sostenuta da un importante studio ampelografico del 1991, sostiene che il Verdicchio e i vitigni veneti Trebbiano di Soave e Trebbiano di Lugana siano, in sostanza, lo stesso vitigno. Infatti, il Verdicchio sarebbe stato importato nell’area marchigiana nella seconda metà del 1400 da coloni veneti chiamati dal comune di Jesi a ripopolare la zona, devastata da una grave epidemia di peste. L’altra ipotesi sostiene che il Verdicchio – o un suo antenato – fosse già noto e coltivato dagli antichi romani. Le prime testimonianze di un vino ricavato da questo vitigno, infatti, risalgono al 410 d.C. circa, e sono parte di una storia curiosa. Sembra che Alarico, re dei Visigoti responsabile del sacco di Roma, nel dirigersi verso la città, abbia fatto tappa nella zona di Jesi per fare scorta di Verdicchio. Infatti, sosteneva Alarico, niente poteva donare salute e forza (sanitade et bellico vigor) ai propri soldati quanto questo vino bianco marchigiano. Quale che sia l’origine del vitigno, una tappa fondamentale della sua storia è stata la creazione dell’iconica bottiglia ad anfora negli anni Cinquanta, ad opera dell’architetto Antonio Maiocchi. L’esplosione del Verdicchio, negli anni Cinquanta e Sessanta, ha portato a un abbassamento della qualità del vino per soddisfare la crescente domanda. Fortunatamente, dalla fine degli anni Sessanta, i produttori si sono dedicati alla qualità più che alla quantità, e sono arrivati a ottenere degli straordinari vini che hanno vinto numerosi premi, fra cui il miglior vino bianco del mondo nel 2011.
Caratteristiche del Verdicchio
Il Verdicchio, il più diffuso fra i vini bianchi delle Marche, ha delle caratteristiche peculiari che lo identificano. Il vitigno ha una maturazione medio-tardiva, una vigoria elevata, e una produttività da regolare a elevata. Le caratteristiche organolettiche del Verdicchio sono particolarmente legate al suo terroir d’origine e, nonostante sia diffuso in altre zone d’Italia, il vitigno tende a perdere la sua forza se lontano dalla sua zona originaria. Infatti, le zone di Matelica e dei castelli di Jesi hanno terreni limosi-argillosi e calcarei, non certo ricchi in sostanza organica ma comunque non poveri di potassio, che è responsabile per i raffinati aromi del Verdicchio. L’escursione termica fra il giorno e la notte, e l’esposizione alla brezza marina, invece, sono responsabili per la spiccata acidità del Verdicchio. Il Verdicchio è particolarmente adatto alla produzione di vini molto freschi, da bere immediatamente, ma, grazie all’elevata concentrazione alcolica, alla sua ottima struttura e buona acidità, il Verdicchio si presta benissimo all’invecchiamento. È, infatti, solo negli ultimi trent’anni che si è iniziato a sperimentare con l’affinamento in botti di legno e con la vendemmia tardiva per ottenere vini più potenti, che conservassero però un ottimo equilibrio. È uno dei vitigni a bacca bianca più adattabili d’Italia: può essere vinificato in tutte le modalità conosciute, dal metodo classico al Martinotti, fermo in acciaio o in legno, o addirittura muffato.
Verdicchio dei Castelli di Jesi e Verdicchio di Matelica: le differenze
Il Verdicchio è presente nel disciplinare di due importantissime DOC, il Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC e il Verdicchio di Matelica DOC, provenienti dalle due zone omonime. Entrambi hanno, inoltre, la loro DOCG, cioè il Castelli di Jesi Verdicchio Riserva DOCG e il Verdicchio di Matelica Riserva DOCG, e quello dei Castelli di Jesi può essere ottenuto anche nella versione Classico – cioè prodotto nella sua più antica area di produzione –, Classico Superiore, e Classico Riserva DOCG. Per distinguere le due varietà, Castelli di Jesi e Matelica, l’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, ha stabilito due considerazioni. Per prima cosa, le quantità: la superficie vitata del Verdicchio di Matelica è dieci volte minore di quella dei Verdicchio dei Castelli di Jesi. La seconda riguarda il clima: il territorio di Matelica è l’unico che corre parallelo alla costa adriatica in tutte le Marche, impedendo una comunicazione col mare e creando, di conseguenza, un clima continentale. Questo ha portato a una particolare selezione – di fatto unica – del vitigno, che si è dovuto adattare alle diverse condizioni climatiche.
Come abbinare il Verdicchio
Come tutti i vini profondamente legati a un particolare territorio, il Verdicchio si sposa perfettamente con i prodotti tipici marchigiani e i piatti della tradizione. Si tratta anche di un vino particolarmente versatile, adatto a sostenere con ottimi risultati varie vinificazioni. Per questo, si può decidere di accompagnare le varie portate di un pasto con diversi tipi di Verdicchio. Per esempio, se si ha l’abitudine di iniziare i pasti con vini frizzanti, si può iniziare con un Verdicchio Brut e delle olive all’ascolana, uno dei più noti stuzzichini marchigiani, o con il ciauscolo, il tipico salume della tradizione umbro-marchigiana. Per i piatti di pesce, come i tipicissimi moscioli alla marinara, si può optare per un Verdicchio fresco e giovane. Anche se si potrebbe pensare che, per un’occasione meno ordinaria, come pranzo della domenica, sarebbe meglio optare per un vino rosso marchigiano, il Verdicchio è così versatile che sa sempre stupirci. Infatti, un Verdicchio Riserva è assolutamente adatto ad accompagnare piatti più intensi, come primi a base di tartufo di Acqualagna o di Sant’Angelo in Vado, o ai tipici vincisgrassi, le lasagne marchigiane. Per finire il pasto con un ottimo vino da dessert, si può tranquillamente abbinare un Verdicchio Passito a una selezione di pecorini locali, accompagnati da miele e composte.